Does fiscal decentralization affect regional disparities in health? Quasi-experimental evidence from Italy
Di Novi C. , Piacenza M., Robone S., Turati G., 2019 – Regional Science and Urban Economics
L’emergenza causata dalla pandemia COVID-19 ha innescato in Italia un acceso dibattito sulle misure adottate dal governo centrale e dalle regioni per fronteggiare la crisi sanitaria. A giudizio di alcuni politici ed esperti di politica sanitaria l’attuale decentramento si è rivelato inadeguato per una efficace gestione della crisi, fornendo ragioni per una ri-centralizzazione dei poteri in materia di politica sanitaria ora attribuiti alle regioni. Allo stesso tempo, la pandemia ha rilanciato il dibattito sulle disuguaglianze di salute di origine socio-economica iniziato con la crisi finanziaria del 2008, dal momento che il rischio di contrarre il COVID-19 si è rivelato più elevato e l’esito finale in termini di salute peggiore per gli individui all’estremità inferiore della distribuzione dei redditi. A sua volta, ciò ha stimolato una discussione riguardo la necessità per il Servizio Sanitario Nazionale di prestare maggiore attenzione in futuro ai differenziali di rischio tra i diversi gruppi sociali, al fine di contenere le disparità tra individui dal punto di vista della salute.
Questi due temi – il decentramento delle politiche sanitarie e le disuguaglianze di salute – sono al centro dell’analisi svolta da Di Novi, Piacenza, Robone e Turati in un articolo recentemente pubblicato nella rivista Regional Science and Urban Economics. In particolare, gli autori studiano gli effetti del decentramento fiscale in Italia sulle disparità di salute sia tra regioni sia al loro interno, considerando gli anni 1994-2007, un periodo antecedente all’inizio della crisi finanziaria e all’adozione dei Piani di Rientro da parte delle regioni. Gli esiti in termini di salute vengono misurati attraverso l’indicatore di stato di salute percepito (SAH – self-assessed health), avvalendosi di indagini ISTAT con informazioni individuali.
L’analisi sfrutta la riforma che a partire dal 1998 ha aumentato l’autonomia fiscale delle regioni italiane, sostituendo una parte dei trasferimenti dal governo centrale con due nuovi tributi, ovvero l’Imposta Regionale sulle Attività Produttive (IRAP) e l’Addizionale Regionale IRPEF. Come conseguenza di tale riforma, le regioni caratterizzate da un reddito pro-capite elevato (che è una validaproxy per la baseimponibile delle due nuove imposte) sono diventate più autonome dal punto di vista fiscale rispetto alle regioni con un reddito pro-capite basso. A sua volta, secondo le moderne teorie del federalismo fiscale, ciò dovrebbe aver reso i politici che governano le regioni più ricche maggiormente responsabili nei confronti dei propri cittadini rispetto agli amministratori locali delle regioni più povere.
In primo luogo, gli autori valutano la variazione interregionale del valore mediano della SAH calcolando il coefficiente di variazione tra le regioni prima e dopo la riforma del decentramento fiscale. I risultati suggeriscono che le disparità interregionali nella SAH mediana non hanno subito alcun cambiamento o addirittura sono leggermente diminuite, supportando l’argomento che il decentramento fiscale non ha aggravato le disuguaglianze di salute tra le regioni. Ciò è avvenuto principalmente perché è stato implementato un sistema di trasferimenti perequativi che ha consentito a tutte le regioni di continuare a disporre di risorse adeguate per finanziare i propri servizi sanitari essenziali.
In secondo luogo, gli autori stimano l’impatto causale della riforma del decentramento fiscale sulla disuguaglianza nella SAH all’interno di ciascuna regione, adottando un approccio di “trattamento multi-valore” (multivalued treatment), che sfrutta le differenze nel livello di reddito tra le regioni italiane. La disuguaglianza nella SAH è calcolata mediante l’indice di Kobus-Milos (KM) per dati ditipoordinale. Il grafico 1 mostra l’evoluzione delle disparitàdi SAH all’interno delle regioni distinguendo tra regioni povere (1a) e regioni ricche (1b). Le disuguaglianze in termini di salute nel primo gruppo di regioni sembrano essere aumentate dopo la riforma del decentramento fiscale, mentre le disuguaglianze nel secondo gruppo sembrano mantenersi relativamente stabili per tutto il periodo. Pertanto, ci si aspetta di stimare una riduzione delle disparità di SAH come effetto causale associato ad una maggiore autonomia fiscale.
Grafico 1b. Indice KM nelle regioni ad altro reddito, 1994-2007
I risultati econometrici confermano che l’impatto della riforma del decentramento fiscale differisce in base al grado di esposizione al trattamento, con effetti molto più forti in termini di contenimento delle disuguaglianze di salute nelle regioni più ricche. Gli autori indagano anche sulle possibili spiegazioni di questa evidenza empirica. Le moderne teorie del federalismo fiscale suggeriscono un meccanismo di migliori incentivi per gli amministratori locali a seguito del decentramento e gli autori in effetti trovano che i politici delle regioni più ricche, divenuti più responsabili, erogano con maggiore probabilità servizi sanitari più appropriati e più mirati. In particolare, viene stimato un aumento della probabilità che le persone con un grado di istruzione medio-basso dopo il decentramento fiscale siano più sane, siano più propense a fissare degli appuntamenti con le Aziende Sanitarie Locali (ad es. per visite di controllo e prevenzione) e si avvalgano di servizi di assistenza domiciliare, riducendo al contempo le degenze ospedaliere e l’uso del pronto soccorso; tali effetti sembrano essere più pronunciati per gli individui che vivono nelle regioni più ricche.
Nel complesso, i risultati di questo studio portano a concludere che l’impatto del decentramento fiscale, in termini sia di efficienza sia di equità, dipende dal livello di sviluppo economico, che a sua volta determina il grado effettivo di autonomia fiscale delle regioni nel periodo analizzato. Nel contesto italiano, queste conclusioni supportano l’argomento di un federalismo fiscale “a velocità variabile”. Nelle regioni piùricche del paese è possibile rafforzare fin da subitol’autonomiafiscale e aspettarsi di ottenere risultati migliori, attraverso una maggiore responsabilità fiscale dei politici locali a seguito del sostanziale aumento conseguibile delle entrate proprie. Per quanto concerne invece le regioni del Mezzogiorno, è auspicabile che vengano in primo luogo attuate politiche finalizzate a promuovere la crescita e a ridurre il divario con le regioni più sviluppate in termini di capacità fiscale e, solo successivamente, si spinga verso maggiore autonomia e decentramento fiscale.