Can subsidies rather than pollution taxes break the trade-off between economic output and environmental protection?
Renström T. I., Spataro L., Marsiliani L. 2021- Energy Economics
Negli ultimi decenni l’investimento socialmente responsabile (SRI) ha suscitato un interesse sempre più pronunciato tanto negli investitori, pubblici e privati, quanto nei policy-maker. Si tratta di un approccio di investimento che integra fattori ambientali, sociali e di governance (ESG) nella selezione e analisi di titoli all’interno dei portafogli di investimento. L’obiettivo è ottenere rendimenti a lungo termine per gli investitori, influenzando anche il comportamento delle imprese a beneficio della società. In termini pratici, l’SRI comporta l’individuazione e l’investimento in imprese che rispettano specifici standard di responsabilità sociale attraverso diverse strategie come la selezione, l’advocacy e l’investimento comunitario.
Le istituzioni pubbliche, sollecitate da vertici internazionali e preoccupazioni ambientali, hanno attuato o proposto politiche fiscali e di regolamentazione per migliorare la qualità ambientale e promuovere le pratiche ESG. Esempi includono iniziative come il Green Funds Scheme olandese, che offre incentivi fiscali per gli investimenti in iniziative green, e l’utilizzo di obbligazioni esenti da imposizione fiscale negli Stati Uniti. Nell’Unione Europea, le entrate fiscali ambientali nel 2018 hanno rappresentato circa il 2,4% del PIL e il 6,0% delle entrate totali del governo derivanti da imposte e contributi sociali, con le imposte energetiche come principale contributore.
È noto che, dal punto di vista del benessere, gli strumenti basati sul mercato come le imposte e i sussidi sono considerati più efficienti dal punto di vista economico nel gestire le esternalità ambientali in mercati perfettamente concorrenziali. Tuttavia, il potenziale e le implicazioni di queste politiche, in particolare nelle economie con investitori socialmente responsabili, non sono stati ancora sufficientemente esplorati.
Nell’articolo “Can subsidies rather than pollution taxes break the trade-off between economic output and environmental protection?”, recentemente pubblicato su Energy Economics, Thomas I. Renström, Luca Spataro e Laura Marsiliani mirano a colmare tale lacuna ed esaminano l’impatto delle politiche fiscali volte alla riduzione dell’inquinamento in mercati finanziari che coinvolgono investitori socialmente responsabili, valutandone l’efficacia nel migliorare la qualità ambientale e l’impatto sulle prestazioni dell’economia, il consumo pro capite e il “premio di inquinamento”.
A tal fine, gli autori utilizzano un modello di equilibrio generale dinamico a tempo continuo, in cui l’inquinamento è un sottoprodotto delle attività di produzione delle imprese che mirano a massimizzare i profitti. Queste imprese hanno l’opzione di impegnarsi in attività costose di abbattimento per ridurre l’inquinamento netto. Inoltre, incorporano l’obiettivo di responsabilità sociale degli investitori attraverso un meccanismo di “warm-glow” (letteralmente, “calore di soddisfazione”) à la Andreoni, tale che essi si sentano parzialmente responsabili del contenuto di inquinamento dei portafogli che detengono e richiedono un “premio di inquinamento” per detenere asset con livelli più elevati di inquinamento.
All’interno di questo scenario, le imprese sono incentivate a intraprendere attività socialmente responsabili (abbattimento), poiché un maggiore livello di inquinamento comporta un costo più elevato del capitale nei mercati finanziari. Il governo interviene mediante una imposta sul flusso di inquinamento delle imprese e un sussidio alle loro attività di abbattimento. Confrontando gli effetti di questi due strumenti fiscali, emerge che entrambi possono ridurre efficacemente l’inquinamento, ma hanno un diverso impatto sull’economia.
L’imposta sull’inquinamento riduce il consumo pro capite e il capitale investito nell’economia, mentre il sussidio può aumentare entrambi. La ragione di questi risultati è la seguente: l’imposta sull’inquinamento agisce come un’imposta sui profitti, diminuendo la produttività marginale del capitale delle imprese e spingendole a ridurre gli investimenti in capitale, ciò che, a sua volta, riduce così i flussi di inquinamento e il “premio di inquinamento”. D’altra parte, il sussidio all’abbattimento riduce i costi di produzione delle imprese, incoraggiandole ad espandere la propria scala di attività. Questo ha due effetti contrastanti: da un lato, un aumento degli investimenti in capitale tende ad aumentare la produzione, il consumo pro capite e l’inquinamento (come sottoprodotto della produzione). Dall’altro lato, porta anche a una maggiore allocazione di risorse verso l’abbattimento, riducendo così l’inquinamento e aumentando il consumo pro capite. L’esito netto dipende dalla forza relativa di questi effetti contrastanti. Tuttavia, l‘analisi, basata su presupposti generali riguardanti la produzione, la tecnologia di abbattimento e le preferenze, dimostra che un aumento del sussidio per l’abbattimento dell’inquinamento può portare a una riduzione dei livelli di inquinamento, un “premio di inquinamento” più basso e un aumento del consumo pro capite.
Sebbene di natura teorica, i risultati di questo studio possono fornire spunti per i policy-maker ed evidenziare i potenziali benefici dell’allineamento delle politiche fiscali con gli obiettivi ambientali ed economici, anche in relazione al PNRR italiano.
Infatti, in un’economia caratterizzata da investitori socialmente responsabili, l’obiettivo di ridurre l’inquinamento, perseguito dalla maggior parte dei paesi sviluppati e delle organizzazioni internazionali, non è necessariamente in contrasto con il raggiungimento di buone prestazioni economiche. Il sussidio per l’abbattimento dell’inquinamento (o, in generale, per una produzione più pulita), pur avendo effetti quantitativi minori sull’inquinamento rispetto all’imposta sull’inquinamento, può avere un impatto positivo sul consumo e sul capitale in uno stato stazionario. Questo strumento fiscale potrebbe essere politicamente più sostenibile, soprattutto in economie con investitori particolarmente attenti alla responsabilità sociale. Il PNRR italiano svolge un ruolo di documento di politica globale che guida la strategia dell’Italia per la transizione ecologica e, in particolare, riconosce l’importanza di bilanciare la sostenibilità ambientale con la crescita economica. Pertanto, fornisce un quadro per l’attuazione di politiche fiscali green che, secondo i risultati dello studio, possono incentivare gli investimenti verdi e favorire lo sviluppo economico sostenibile (si veda ad esempio, PNRR, pag. 136-139 su “Promuovere la produzione, distribuzione e utilizzi finali dell’idrogeno”).