Let the voters choose women
Baltrunaite A., Casarico A., Profeta P., Savio G., 2019 – Journal of Public Economics
L’annosa questione della sotto-rappresentazione delle donne in politica e, in particolare, sulla parità di accesso tra donne e uomini nella corsa elettorale nel contesto italiano, ha avuto nelle ultime legislature una rinnovata attenzione normativa. Il tema della parità di punti di partenza dell’accesso alle cariche elettive ai diversi livelli di governo è stato oggetto infatti a partire dai primi anni 2000 di un ragionato processo di equalizzazione di genere nei meccanismi elettorali rivolto a promuovere una pari rappresentazione dei due generi nelle cariche elettive.
La prima innovazione che diede impeto a tale serie di interventi fu la modifica dell’articolo 51 della Costituzione Italiana nel 2003 in cui venne rafforzato il principio della parità di genere. Ad esso seguirono una serie di provvedimenti successivi con l’obiettivo di rendere esecutivo tale principio in particolare centrati sull’introduzione del sistema delle quote di genere, ma anche altre misure positive come norme elettorali che regolino la composizione delle liste in termini di posizione dei candidati, o alternanza, di genere fino alla cosiddetta doppia preferenza di genere. In particolare, quest’ultimo strumento implica che si possano esprimere due preferenze di cui una riservata a un candidato di sesso diverso; in caso contrario, le preferenze successive alla prima risultano annullate. La doppia preferenza di genere venne introdotta per la prima volta dalla legge 215/2012, innovazione combinata alle quote di genere, nelle elezioni municipali per i comuni con più di 5 mila residenti con l’obiettivo di promuovere il riequilibrio nei Consigli e nelle Giunte degli enti locali.
L’efficacia della doppia preferenza di genere nel promuovere un incremento nella rappresentazione femminile tra gli eletti ai consigli municipali è stata oggetto di studio da parte di un team di economiste, Baltrunaite, Casarico, Profeta e Savio, in un recente articolo, Let the voters choose women, pubblicato nel Journal of Public Economics. Le autrici utilizzano la metodologia della regression discontinuity per analizzare gli effetti in termini di genere della legge 215/2012 nelle elezioni comunali soggette a tale riforma, confrontando le elezioni di comuni intorno alla soglia dei 5 mila abitanti. L’analisi conclude che la doppia preferenza di genere ha portato a un aumento significativo della rappresentanza femminile nei consigli municipali nei comuni appena al di sopra dei 5 mila abitanti, oggetto della riforma, di 18 punti percentuali in più rispetto ai comuni appena al di sotto della soglia dei 5 mila abitanti, non interessati dall’innovazione normativa. In altri termini, nei consigli comunali eletti con doppia preferenza di genere, le donne sono state elette rispetto agli uomini in rapporto 40/60, mentre nei restanti comuni si è assestato a livelli nettamente inferiori, di 30/70. Inoltre le autrici approfondiscono il meccanismo in gioco e concludono che azioni positive di questo genere che permettono agli elettori di scegliere candidati di sesso femminile portano effettivamente a una rappresentazione di genere più egualitaria, addirittura in modo più efficace rispetto alle quote di genere che invece agirebbero indirettamente sulla rappresentazione femminile, attraverso la composizione delle liste effettuate dai vari partiti politici. Secondo lo studio, infatti, l’aumento del numero di consigliere comunali è principalmente dovuto all’incremento dei voti di preferenza ricevuti dalle donne, laddove l’impatto della riforma sul numero di candidate risulta meno determinante.
Infine, le autrici suggeriscono che misure positive di questo genere possono avere implicazioni positive a livelli più elevati di governo, come ad esempio a livello regionale.