Policy tolerance of economic crime? An empirical analysis of the effect of counterfeiting on Italian trade
Beqiraj E., Fedeli S., Giuriato L., 2020 – European Journal of Political Economy
Alcuni crimini economici sono percepiti come fenomeni immorali più che come illeciti, sia dall’opinione pubblica sia dai politici, con la conseguenza che le politiche pubbliche possono lasciare ampi margini di tolleranza. In Italia, questo si è verificato in relazione alla corruzione, all’evasione fiscale e ad altre forme di criminalità economica.
Elton Beqiraj, Silvia Fedeli e Luisa Giuriato offrono un’analisi di uno specifico illecito economico, la contraffazione, nella ricerca Policy tolerance of economic crime? An empirical analysis of the effect of counterfeiting on Italian trade, pubblicata recentemente sullo European Journal of Political Economy.
La contraffazione consiste nella produzione non autorizzata di beni che imitano determinate caratteristiche di merci autentiche e che possono spacciarsi per prodotti registrati di società legali. Nel caso italiano, il cui sistema industriale è prevalentemente costituito da piccole-medie imprese orientate all’export, la contraffazione compromette la capacità di creare prodotti di alta qualità, ricercati sui mercati esteri. L’impatto sull’economia italiana, infatti, è rilevante: secondo le stime CENSIS-UIBM (2018), la contraffazione si traduce in una perdita di circa € 19,4 miliardi di produzione e 103.000 posti di lavoro nel mercato legale. Inoltre, l’Italia è al terzo posto, dopo Stati Uniti e Francia, nella graduatoria delle economie di origine dei titolari di diritti di proprietà intellettuale violati dalla contraffazione (OCSE, 2019). A differenza di altri paesi europei, l’Italia mostra, però, anche una significativa propensione alla produzione ed esportazione di merci contraffatte. Sia le regioni economicamente depresse (Abruzzo, Calabria) sia quelle più prospere (Veneto, Emilia-Romagna, Lombardia) attraggono la contraffazione: le prime ospitano una riserva di lavoratori disoccupati e attività criminali, mentre le seconde offrono opportunità di distribuzione e commercializzazione dei falsi (Grafico 1).
La contraffazione si presenta, quindi, come un fenomeno complesso e contraddittorio. In primo luogo, essa costituisce un grave problema di criminalità in Italia: è gestita da organizzazioni di tipo mafioso che si rivolgono sempre più verso queste attività altamente remunerative e relativamente a basso rischio. Di conseguenza, la contraffazione pone una seria sfida alla libertà delle imprese ed è un moltiplicatore di attività illegali, tra cui l’evasione fiscale, l’immigrazione illegale, il lavoro sommerso e il riciclaggio di denaro. Al tempo stesso, la contraffazione è “politicamente” tollerata per ritorni positivi in termini di occupazione (in nero), reddito e scambi, e anche in termini di clientelismo politico, ed è un cuscinetto sociale in aree di diffusa disoccupazione, depressione sociale ed economica e insufficiente controllo pubblico del territorio. La contraffazione è, inoltre, socialmente tollerata: circa un terzo dei consumatori italiani acquista almeno un prodotto falso o utilizza un servizio illegale ogni anno.
Le scelte di policy nei confronti del fenomeno sono ambigue. Ad esempio, durante la crisi economica sono state approvate diverse misure anticontraffazione per proteggere la concorrenza e i diritti di proprietà intellettuale: le sanzioni sono state inasprite e gli strumenti di indagine sono stati ampliati (Piano straordinario contro le mafie, L.136/2010). È mancato, tuttavia, un adeguato sostegno finanziario e di risorse umane per individuare e seguire i complessi canali di ingresso, produzione e smercio dei falsi.
Date queste premesse, gli autori esaminano l’impatto economico della contraffazione e, in particolare, il suo effetto sul commercio con l’estero (importazioni ed esportazioni) negli anni di crisi 2008-2013, utilizzando un panel dinamico e una banca dati di nuova costruzione. Quest’ultima contiene dati dettagliati sulla criminalità (fonte: Ministero della Giustizia italiano) e dati sia sulla dimensione media dei sequestri di falsi in ciascuna regione sia sul valore stimato delle merci contraffatte sequestrate (fonte: rapporto IPERICO).
I risultati mostrano, come previsto, un duplice effetto sugli scambi. Si osserva, da un lato, un’influenza positiva, dal momento che aumentano i flussi commerciali, a vantaggio anche dell’economia sommersa, e dall’altro un impatto negativo sugli indicatori commerciali a causa dell’imitazione scadente dei beni e della confusione dei marchi, in particolare nei settori ad alto valore aggiunto che soffrono di perdite di credibilità, effetti di sostituzione da parte dei beni contraffatti e distorsione della concorrenza. Nel complesso, secondo le stime, l’impatto netto della contraffazione è, tuttavia, negativo.
La presenza simultanea di un impatto positivo e negativo sugli scambi con l’estero delle due variabili che esprimono il valore e la dimensione della contraffazione, conferma la natura ambivalente di quest’ultima, che, da un lato, deprime il mercato delle imprese legali e i loro diritti di proprietà intellettuale, e, dall’altro, sostiene l’attività economica, incluso il sommerso. Gli effetti economici positivi della contraffazione possono renderne più difficile il contrasto e aprire la strada alla tolleranza del fenomeno. Tuttavia, l’osservazione di un impatto netto negativo sulle esportazioni e l’apertura commerciale dovrebbero portare all’abbandono di questi atteggiamenti ambigui nei confronti di quella che è considerata una forma “soft” di criminalità economica. Questo è particolarmente importante per le regioni meridionali del paese. Infatti, mentre i più robusti sistemi economici delle regioni settentrionali sono in condizione di limitare i danni, nelle regioni meridionali la tolleranza della contraffazione non può che contribuire a inibire lo sviluppo economico e a perpetuare la stagnazione. Queste considerazioni implicano la necessità di politiche più efficaci per la lotta contro la contraffazione, imperniate su posizioni politiche chiare e risorse adeguate. L’Italia è in ritardo in questo senso. Il Dipartimento Generale contro la Contraffazione-UIBM presso il Ministero dello Sviluppo Economico è stato creato solo nel 2009 e il Consiglio Nazionale Anti-Contraffazione solo nel 2010. Il personale delle forze di polizia incaricate delle indagini e dei sequestri non è sufficiente e le risorse di bilancio destinate alle misure anticontraffazione dal Ministero dello Sviluppo Economico (€ 69 milioni nel 2021) sono solo per un terzo destinate ad azioni effettive a protezione della proprietà intellettuale e a contrasto della contraffazione.