The heterogeneous effects of labor informality on VAT revenues: Evidence on a developed country
Di Caro P., Sacchi A., 2020 – Journal of Macroeconomics
Quali sono le conseguenze del lavoro irregolare sull’imposta sul valore aggiunto (IVA)?
L’IVA è utilizzata in molti paesi perché consente di aumentare le entrate pubbliche preservando l’efficienza della produzione e promuovendo la compliance attraverso meccanismi “self-enforcing” (compensazione tra acquisti e vendite). Le organizzazioni internazionali suggeriscono di passare da sistemi fiscali basati sulle imposte sul reddito (considerate distorsive del comportamento degli individui) a sistemi impositivi concentrati sulla tassazione dei consumi con l’obiettivo di sostenere la crescita economica senza scoraggiare il risparmio, gli investimenti e l’offerta di lavoro. Tuttavia, l’efficacia dell’IVA può essere compromessa in presenza di lavoro irregolare.
In un recente articolo pubblicato sul Journal of Macroeconomics, The heterogeneous effects of labor informality on VAT revenues: Evidence on a developed country, Paolo Di Caro e Agnese Sacchi studiano le conseguenze del lavoro irregolare sulla crescita del gettito IVA fornendo evidenze per il caso italiano.
L’Italia è ideale per questa analisi per diversi motivi. E’ un paese sviluppato la cui dimensione dell’economia sommersa nel 2017 ammontava a 211 miliardi di euro (circa il 12% del PIL), con un tax gap IVA, ossia la differenza tra l’IVA potenziale e quella effettivamente dichiarata, pari a circa 34 miliardi di euro, un terzo del gettito IVA. Inoltre, le distribuzioni del gettito IVA e del lavoro irregolare nelle regioni italiane risultano eterogenee a causa della struttura economica e industriale differenziata a livello territoriale. Al Nord, le occupazioni irregolari sono costituite da attività secondarie complementari rispetto ai lavori regolari; al Sud, i lavoratori non regolari si concentrano in agricoltura, edilizia e nei servizi privati e sono generalmente il sottoprodotto di mercati del lavoro deboli ed elevati livelli di disoccupazione. In Figura 1 si illustra la distribuzione dell’IVA totale (a) e dei lavoratori irregolari (b) in Italia. Si nota che un gettito IVA elevato è riscontrabile nelle regioni del centro e del Nord; in queste aree si registrano anche livelli inferiori di lavoratori irregolari rispetto a quelle del Sud, dove il gettito IVA è inferiore.
La Figura 2 offre un quadro preliminare delle connessioni tra mercato del lavoro sommerso e produttività del lavoro, da una parte, e disoccupazione, dall’altra: livelli elevati di sommerso sono registrati nelle regioni con bassa produttività ed elevati tassi di disoccupazione.
Gli autori utilizzano nuovi dati amministrativi regionali sulle entrate derivanti dall’IVA e sul lavoro irregolare, distinguendo tra IVA da operazioni business-to-business (B2B) e business-to-consumer (B2C). Sulla base delle stime con modelli panel, la relazione tra lavoro irregolare e gettito IVA presenta effetti eterogenei: infatti, emerge che il lavoro sommerso produce effetti negativi sulla crescita totale del gettito IVA, come somma di IVA sulla produzione e sul consumo, ma effetti positivi quando si considera l’IVA al consumo.
Un secondo risultato mostra che le conseguenze del lavoro irregolare sul gettito IVA dipendono dalla dimensione dell’irregolarità, approssimando una relazione a U inversa. In particolare, per livelli relativamente bassi (elevati) di irregolarità, ossia nelle regioni situate al centro-nord (sud) del paese, gli effetti del lavoro irregolare sulla crescita del gettito IVA totale sono positivi (negativi). Questa relazione rimane solo parzialmente valida quando si esaminano gli effetti del lavoro sommerso sull’IVA proveniente da operazioni B2C, quando si osserva un’eterogeneità inferiore, condizionatamente alla dimensione del sommerso. La spiegazione di questa differenza può essere ricondotta alle caratteristiche regionali del mercato del lavoro. In particolare, gli effetti negativi si concentrano principalmente nei mercati del lavoro caratterizzati da elevata disoccupazione e bassi tassi di attività.
Infine, gli autori studiano gli effetti della relazione tra lavoro irregolare e gettito IVA in specifici settori produttivi e durante la Grande Recessione. In particolare, si riscontrano effetti anticiclici (pro-ciclici) per livelli elevati (bassi) di lavoro irregolare, sul gettito totale dell’IVA. Una possibile spiegazione per questo risultato è che la Grande Recessione ha prodotto un effetto asimmetrico sui mercati del lavoro e sull’economia sommersa in tutte le aree, riducendo (aumentando) il sommerso laddove il lavoro irregolare è complementare (sostitutivo) rispetto a quello regolare.
L’evidenza presentata dagli autori suggerisce più di una possibile risposta alla domanda iniziale, almeno per il caso di un paese sviluppato come l’Italia: effetti negativi del lavoro irregolare sulla crescita totale delle entrate IVA, ma effetti positivi se si considerano le entrate IVA derivanti esclusivamente dalle vendite al consumo. Questa evidenza conferma sia le previsioni teoriche di modelli macroeconomici di equilibrio generale sia recenti studi empirici che documentano effetti asimmetrici dell’economia sommersa sulle entrate pubbliche e sulla crescita economica.
In termini di politiche pubbliche, infine, lo studio suggerisce di incorporare considerazioni di tipo aggregato e di equilibrio economico generale quando si analizzano gli effetti dell’economia sommersa sul gettito IVA; il che implica un’attenta valutazione sia dal lato dell’offerta sia della domanda. Di particolare importanza è il ruolo del lavoro irregolare quando si considerano riforme IVA. Infatti, un aumento delle aliquote fiscali potrebbe produrre entrate supplementari inferiori alle aspettative, se il lavoro irregolare aumentasse e si riducesse, quindi, il meccanismo di automaticità dell’IVA. Infine, le politiche volte a ridurre il sommerso dovrebbero necessariamente tenere conto delle possibili conseguenze asimmetriche di una riduzione dei posti di lavoro irregolari sulla riscossione dell’IVA in tutte le regioni e i settori. In questo contesto, il governo italiano ha appena approvato una nuova legge in materia di regolarizzazione dei lavoratori irregolari immigrati in determinati settori come agricoltura, lavoro domestico, e assistenza familiare. L’intervento, sulla base dei risultati di questo studio, potrebbe aumentare le entrate pubbliche poiché i nuovi lavoratori legalizzati andrebbero a sostenere i meccanismi di attuazione automatica dell’IVA e il suo gettito. Tuttavia, la scelta di limitare la regolarizzazione dei soli lavoratori impiegati in taluni settori non è giustificata da ragioni economiche e riduce i possibili effetti positivi in termini di entrate pubbliche.
Per un ulteriore dibattito: https://www.lavoce.info/archives/67109/regolarizzare-il-lavoro-nero-fa-bene-al-fisco/